Scarpe vincolanti
Due piedi in una scarpa
Scarpe vincolate in ceramica. Ricostruzione filologica di un progetto del 1975.
Nel giugno 75 alcuni architetti, designers e artisti nel cortile di una vecchia casa di Milano lavoravano a costruire oggetti improbabili, scomodi e inesorabilmente effimeri. Si svolgeva il primo Seminario della Global Tools, scuola senza sede di Radical Design. Tema: “Il corpo e i vincoli”. Di fronte alla consolidata e accettata pratica di un design tecnologico, confortevole e funzionale si voleva contrapporre una pratica nomade per un design arcaico e disfunzionale. Dal cortocircuito logico e procedurale scaturivano oggetti inutili a sfondo provocatorio e riflessivo sulle certezze del progetto e specialmente sulla necessità di mantenere vivo un dialogo tra arte e design, tra il corpo come utensile primario e gli oggetti come protesi propedeutiche a rifondare creativamente l’idea del rapporto forma/funzione. Oggetti che vincolando, occultando o sovvertendo l’abituale rapporto di utilità, svelassero altro. Oggetti che impedendo una prestazione ne generassero imprevedibile un’altra, oggetti capaci di mettere in relazione sorprendente parti del corpo o persone. Oggetti concepiti come utensili per una eccentrica antropologia del design. Tra i prodotti del seminario: Occhiali a tubo per guardarsi negli occhi, Bracciali vincolanti, Maschere cieche per mostrare una bocca, un naso, un orecchio, Zoccoli per camminare in salita, vestiti elastici per persone unite, e queste Scarpe per confronto frontale obbligato. Fatte sperimentalmente in creta, propongono la fusione frontale di due scarpe diverse, escludono il camminare, obbligano le due persone che le indossano ad una inevitabile ma regolata promiscuità dei corpi e degli sguardi. Come molte delle sperimentazioni di quegli anni preferivano l’azione, il comportamento e la riflessione concettuale, curandosi più del destino delle idee che di quello degli oggetti. La Biennale della Ceramica di Albisola mi dà l’occasione di ricostruire in ceramica questo oggetto all’apparenza inutile. Mi piace di questo progetto fatto trent’anni fa con Alessandro Mendini, Davide Mosconi e Nazareno Noia, riportare in vita lo spirito e l’intenzione, nonché il fascino sottile di un oggetto indubbiamente funzionale.
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DATA:
1975
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LUOGO:
Milano